Overdose di Emozioni a San Siro

Un’overdose d’amore, di musica, di emozioni. Zucchero ha chiuso in grande stile il suo tour negli stadi italiani con uno spettacolo indimenticabile a San Siro, incantando circa 45mila spettatori per oltre tre ore e mezza. La sua sana e (in)consapevole libidine non solo salva i giovani dallo stress e dall’azione cattolica, ma accende i cuori e i sentimenti del suo pubblico.

La sua fedele super band internazionale, composta da Polo Jones, Kat Dyson, Peter Vettese, Mario Schilirò, Adriano Molinari, Nicola Peruch, Monica Mz Carter, James Thompson, Lazaro Amauri Oviedo Dilout, Carlos Minoso e la superba vocalist Oma Jali, ha accompagnato Zucchero in ogni nota, creando un’atmosfera magica che ha coinvolto tutto lo stadio. Situazione abbastanza rara, il prato prevedeva le sedie, ma fin da subito il pubblico ha scelto di stare in piedi e ballare, trascinato dall’energia della musica.

Il ritmo è subito alto con brani come “Soul Mama”, “Il sole al tramonto”, “La Canzone che se ne va”, “Ci si arrende” ed “È delicato”. “Partigiano Reggiano” ha risuonato come un inno di fratellanza e resistenza, un canto libero e un amore libero, con un cuore unico come un partigiano reggiano. Un messaggio ecumenico che Zucchero porta avanti con passione, cercando di rendere il mondo più giusto.

Le prime parole di Zucchero giungono dopo “Vedo nero”, quando ringrazia San Siro e presenta in anteprima “Amor che muovi il sole”. Con la chitarra quasi acustica, il brano inizia delicato per poi virare verso il rock, accompagnato dai testi sugli schermi per farne cogliere la profondità. “Pene” è arricchita da una lunga coda strumentale e un fondale rosso poetico, mentre Oma Jali riceve una standing ovation per la sua performance spettacolare.

“Senza Una Donna”, eseguita in coppia con Jack Savoretti, ha avuto una marcia in più, mentre “Solo una sana e inconsapevole libidine salva i giovani dallo stress e dall’azione cattolica” è stata rappresentata da un crocifisso gotico che ruota su se stesso, simboleggiando una chiesa avvitata su se stessa. Il messaggio di Zucchero è chiaro: sfidare le intolleranze e combattere per una umanità migliore.

“Baila (Sexy Thing)” ha trasformato lo stadio in una discoteca sotto le stelle, con un finale che ha illuminato San Siro. Al fianco di Zucchero, l’ospite Tomoyasu Hotei ha contribuito con un assolo di chitarra mozzafiato. “Dune mosse” è stata una preghiera laica, resa ancora più intensa dall’assolo di tromba finale.

Il momento amarcord è arrivato con Zucchero che ha ricordato i suoi inizi nei pianobar e ha espresso gratitudine verso il pubblico: “Senza di voi sarei in un pianobar come ho fatto fino a 18 anni”. Tra i brani eseguiti anche “Indaco dagli occhi del cielo” e “Un soffio caldo”, con Zucchero che ha scherzato dicendo che avrebbe voluto suonare sei ore, ma ha dovuto limitarsi.

Una delle sorprese della serata è stata la versione di “Honky Tonk Train Blues”, sigla del programma televisivo “Odeon”, eseguita in modo magistrale, facendo sentire una fratellanza con l’originale di Keith Emerson. Il Sherrita Duran Gospel Choir ha poi aggiunto un tocco di spiritualità, entrando in scena passando tra il pubblico.

Il finale è stato un crescendo di emozioni con “Overdose (d’amore)”, “Così Celeste”, “Diamante”, “Madre Dolcissima”, “X Colpa di Chi” e “Diavolo in Me”. I visual sugli schermi hanno accompagnato le canzoni, creando un’esperienza visiva oltre che sonora. “Diamante” ha evocato immagini di spighe di grano, trasportando il pubblico nei campi dorati.

La serata si è chiusa con “Blu” e la commovente “Chocabeck”, lasciando il pubblico con un senso di pienezza e gratitudine. Zucchero ha salutato San Siro con un urlo: “Vi porto con me, che Dio vi benedica!”. Un messaggio di speranza e positività, un invito a “lasciar passare i bei tempi” e guardare avanti con ottimismo.

Il ritorno di Zucchero a San Siro è stato molto più di un concerto: è stata una celebrazione della musica, della vita e delle emozioni che solo un grande artista sa trasmettere. Una serata indimenticabile, un artista senza tempo.